La legge dispone espressamente all’art. 46, comma primo, del DPR n. 380/2001 che:
«Gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria. Tali disposizioni non si applicano agli atti costitutivi, modificativi o estintivi di diritti reali di garanzia o di servitù».
Il testo in questione è molto chiaro e dissipa ogni dubbio in merito:
Un atto di compravendita in cui un immobile sia privo del permesso di costruire o del permesso in sanatoria è nullo a tutti gli effetti, ma allo stesso tempo la norma cosi formulata si esprime anche sulle minori difformità che nonostante la loro presenza non inficiano l’atto.
Sull’argomento si è espresso anche il consiglio nazionale del notariato coin la circolare n. 3138/1994, «Gli abusi di minore gravità possono determinare sanzioni di altro genere, ma continuano a non incidere assolutamente sull’attività negoziale».
A questo proposito c’e anche da dire che il notaio pur assolvendo in pieno al suo dovere non risulta responsabile di un eventuale atto notarile di compravendita con abusi edilizi minori, in quanto il notaio non ha le conoscenze edilizie e pratiche per svolgere tale funzione, ma si affida alla documentazione che producono le parti private.
Ecco quindi che la responsabilità di un eventuale abuso minore ricade interamente sul venditore, ma solamente se l’acquirente non è stato messo al corrente delle difformità edilizie presenti, oppure non abbia non abbia preso volontariamente o per noncuranza tutte i necessari ragguagli sulla conformità dei dati dell’immobile con gli strumenti urbanistici.